«Michelangelo Merisi la dipinge nell’autunno 1608, nel suo breve soggiorno a Siracusa. La città costituì il primo e naturale approdo dopo l’evasione da Malta: poco dopo la tanto agognata nomina a cavaliere, era stato incarcerato per aver preso parte a un non meglio specificato “tumulto”. Messosi all’opera, il suo genio senza eguali si manifesta ancora una volta nel fissare un momento tra i meno rappresentati della vita della santa, appunto la sepoltura. Nella metà superiore del dipinto, compaiono solo nude e alte pareti, in una severa monotonia spezzata da due arcate che inscrivono una porta. Più in basso, una “religiosa plebe” è disposta attorno a Lucia, malamente abbandonata a terra. Ma più risalto è dato ai becchini ai lati della martire, che hanno anche la funzione di raccordare lo spettatore alla scena. Davanti a questa grande tela, nell’atmosfera raccolta e i colori smorzati, diventiamo subito partecipi del dramma umano e religioso. Ancora una volta, l’artista ha colpito nel segno».